Nell’ambito della Direttiva del PLR luganese si è svolto un dibattito dedicato all’iniziativa “200 franchi bastano”, con l’obiettivo di approfondire le implicazioni politiche, culturali ed economiche di una proposta che potrebbe modificare radicalmente il finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo svizzero.
A moderare l’incontro è stato Enrico Carpani. I relatori erano Paolo Pamini, consigliere nazionale e sostenitore dell’iniziativa, e Giovanna Masoni Brenni, presidente della CORSI, che si è espressa invece contro la proposta.
Vi proponiamo un riassunto della discussione e la possibilità di scaricare un pdf e un file audio con la trascrizione e registrazione dell’intero incontro.
La posizione di Giovanna Masoni Brenni
Giovanna Masoni Brenni ha definito l’iniziativa “estrema e pericolosa” per la coesione nazionale, le minoranze linguistiche e la qualità democratica dell’informazione. Secondo la presidente della CORSI, un dimezzamento del canone metterebbe a rischio la voce della Svizzera italiana e delle altre regioni linguistiche minori, compromettendo la missione federale della SSR.
Masoni ha ricordato che il sistema radiotelevisivo svizzero, di natura mista pubblico-privata, è il frutto di un equilibrio costruito nel tempo e sancito dalla Costituzione. Il canone, ha spiegato, garantisce un’informazione indipendente, pluralista e soggetta al controllo democratico del Parlamento e del popolo.
Senza un servizio pubblico forte, lo spazio informativo verrebbe occupato da grandi attori internazionali come Netflix o Amazon, mossi da logiche puramente commerciali o ideologiche. Inoltre, ha aggiunto, il mercato non produce spontaneamente informazione libera e imparziale: tende invece a creare “bolle informative” attraverso gli algoritmi.
Masoni ha sottolineato che la RSI collabora già con partner privati e sta investendo in digitalizzazione, citando come esempio la piattaforma Play Suisse. Ridurre ulteriormente il canone significherebbe, secondo lei, ridurre pluralismo, qualità e democrazia.
Ha inoltre ricordato che la SSR ha già affrontato tagli per 800 milioni di franchi e ne prevede altri 270 milioni: un’ulteriore riduzione la renderebbe di fatto inoperativa. Il canone, ha concluso, rappresenta anche un contributo alla coesione federale, poiché la Svizzera tedesca finanzia in parte i servizi destinati alle minoranze linguistiche.
La posizione di Paolo Pamini
Di parere opposto, Paolo Pamini ha sostenuto che la SSR è un apparato sovradimensionato e inefficiente, finanziato attraverso una tassa obbligatoria priva di una base costituzionale.
Secondo il consigliere nazionale, il servizio pubblico svolge attività che il mercato privato potrebbe offrire in modo più efficiente, come la copertura sportiva o l’intrattenimento. Con le tecnologie attuali – internet e reti mobili di nuova generazione – non sarebbe più necessario un monopolio statale sui media.
Pamini propone un modello simile a quello delle ferrovie: lo Stato garantisce l’infrastruttura, ma i contenuti possono essere prodotti anche da soggetti privati. Ritiene inoltre che il canone obbligatorio sia contrario ai principi liberali, perché impone un pagamento indipendentemente dal consumo effettivo.
Una SSR ridimensionata, a suo avviso, favorirebbe la concorrenza e il pluralismo, stimolando la qualità dei contenuti. Ha anche criticato la centralizzazione del personale qualificato nella SSR e nel settore pubblico, che a suo dire sottrae risorse al mercato del lavoro privato.
Conclusioni del dibattito
Il dibattito si è svolto in un clima vivace ma rispettoso. Entrambi i relatori hanno riconosciuto la complessità del tema e la necessità di informare correttamente la cittadinanza. Pur condividendo l’importanza della qualità informativa, Masoni e Pamini restano divisi sul metodo per garantirla: servizio pubblico forte per la prima, riforma liberale e concorrenziale per il secondo.
Osservazioni finali
L’iniziativa “200 franchi bastano” sarà sottoposta al voto federale nei prossimi mesi. Il PLR è chiamato a riflettere sulle implicazioni federali, culturali ed economiche di questa proposta, che tocca da vicino il modello di convivenza svizzero fondato su pluralismo, federalismo e responsabilità condivisa.